Polonia, migliaia di sovranisti scendono in piazza con lo slogan ''Io resto Ue''. Fonte: Sky TG24

La Polonia mette in dubbio il primato del diritto europeo sulla Costituzione. Ecco cosa potrebbe succedere

Polonia, migliaia di sovranisti scendono in piazza con lo slogan ”Io resto Ue”. Fonte: Sky TG24

Varsavia, Cracovia, Poznań: l’intera Polonia pullula di manifestanti nelle piazze dopo che la Corte costituzionale polacca ha emesso una sentenza che mette fortemente in dubbio il primato del diritto europeo sulle leggi nazionali, minando di fatto uno dei principi fondanti dell’Unione e sollevando interrogativi circa la stessa adesione della Polonia all’Ue.

Manifestazioni pro-Ue in tutto il Paese

Le iniziative pro-Ue si sono svolte tra sabato e domenica in 120 località del Paese con cento cortei e la partecipazione di migliaia di cittadini, ma resta il rischio legato ai focolai nazionalisti che potrebbero essere alimentati in Italia così come in altri Paesi esteri che contestano l’ingerenza di Bruxelles.

A sostenere la protesta di domenica 10 ottobre c’erano diversi partiti e organizzazioni, fra cui Piattaforma civica, guidata dall’ex presidente del Consiglio europeo e maggiore leader dell’opposizione Donald Tusk, in nome di una Polonia ”indipendente, europea, democratica, che si attiene alle leggi e onesta”.

La Corte di Varsavia rigetta i trattati Ue

Tutto è cominciato alla fine della scorsa settimana quando la più alta corte polacca, capeggiata dalla giudice Julia Przylebska, ha decretato che alcuni articoli del Trattato sull’Unione europea sono incompatibili con la Costituzione dello Stato polacco e che le istituzioni dell’Unione “agiscono oltre l’ambito delle loro competenze”.

Al centro del contenzioso vi si colloca nello specifico la riforma sulla magistratura voluta dal partito al governo Diritto e giustizia (Psi), conservatore ed euroscettico, del leader Jaroslaw Kaczynski. Tale riforma prevede un nuovo sistema di disciplina dei giudici che secondo l’Ue mina l’indipendenza del sistema giudiziario stesso.

Lo Stato polacco e il primato del diritto costituzionale

Mentre le preoccupazioni dell’Unione Europea sono alte, a Varsavia il governo del Primo ministro Mateusz Morawiecki ha accolto favorevolmente la decisione della Corte che conferma “il primato del diritto costituzionale sulle altre fonti del diritto”: secondo il portavoce Piotr Muller, la sentenza si riferisce alle competenze dello Stato polacco non trasferite agli organi Ue.

Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki. Fonte: Formiche.net

Ma l’Unione Europea non è chiaramente d’accordo, e infatti la vicepresidente della Commissione europea, Vera Jourova, ha oggi dichiarato nel suo intervento al Forum 2000:

“Il principio dello stato di diritto è che nessuno è sopra la legge, per questo noi siamo ferrei su questo. Lo stato di diritto – ha spiegato – è anche la limitazione dei poteri, principio alla base degli Stati membri. Ora, dopo la decisione della Corte costituzionale polacca, devo dire che se non confermiamo il principio nell’Ue che regole uguali sono rispettate allo stesso modo in ogni parte dell’Europa, tutta l’Europa comincerà a collassare”.

Alle origini dell’Unione europea, i principi

25 marzo 1957: a Roma nasce la Comunità economica europea. Fonte: Secolo d’Italia

Dal 1957, la costruzione europea si basa sul principio del primato del diritto europeo, il cui ordine giuridico comunitario è stato riconosciuto nel 1963 e 1964 dalla Corte di giustizia.

Entrando volontariamente nell’Unione Europea, qualsiasi Paese deve formulare e negoziare politiche e leggi con gli altri membri. La costruzione giuridica dell’Unione crollerebbe nel momento in cui uno Stato membro decidesse all’improvviso di rifiutare di rispettare e applicare una legge europea in nome di un principio interno o introducendo una legge nazionale.

In poche parole, l’individualismo nazionalista finirebbe col sovrastare quel patto politico fondamentale di fiducia reciproca alla base del successo europeo. In Polonia, membro dell’Ue dal 2004, è accaduto proprio questo.

Von der Leyen: ”Il diritto europeo prevale”

La presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, si dichiara

«profondamente preoccupata» per la sentenza della Corte costituzionale polacca e ha garantito che la Commissione userà «tutti i poteri che abbiamo in base ai trattati per assicurare» il primato del diritto Ue su quelli nazionali, incluse «le disposizioni costituzionali. È quello che tutti gli Stati membri dell’Ue hanno sottoscritto come membri dell’Unione».

Fonte: Europa Today

La presidente ha poi sottolineato: «L’Ue è una comunità di leggi e di valori: è questo che tiene l’Unione insieme e che ci rende forti». Conclude poi evidenziando l’impegno della Commissione nell’assicurare la protezione dei diritti cittadini polacchi e dei benefici derivanti dall’appartenenza Ue.

Le destre europee in difesa di Varsavia

In seguito alla sentenza, per i giudici polacchi ci sono tre opzioni: cambiare la costituzione, cambiare i Trattati o uscire dall’Unione europea.

Il premier polacco si è premurato di confermare la volontà di restare nell’Ue ma questo non è bastato a placare le formazioni politiche a sostegno di tale decisione: da tempo il premier ungherese Victor Orbán contesta le decisioni di Bruxelles, l’estrema destra francese di Marine Le Pen ha difeso la Polonia che «esercita il suo diritto legittimo e inalienabile alla sovranità» e in Italia Giorgia Meloni sostiene che «si può stare in Europa anche a testa alta, non solo in ginocchio come vorrebbe la sinistra».

Giorgia Meloni dalla parte della Polonia. Fonte: Il Fatto Quotidiano

Possibili sanzioni alla Polonia

In seguito alla decisione della Corte polacca, la Commissione europea – preoccupata sull’integrità dello stato di diritto polacco – è restia ad approvare i finanziamenti per il piano di risanamento. Il Recovery Fund per la Polonia è infatti vincolato al rispetto dello stato di diritto polacco, indebolito già da diverso tempo rispetto agli standard europei.

Le somme del Next Generation Ue ammonterebbero a 58,7 miliardi di euro fra prestiti e sussidi. Ma il via libera di Bruxelles non è stato ancora dato e, date le condizioni, ora più che mai è inimmaginabile:

“l’Ue e gli Stati membri devono intraprendere un’azione legale, politica e finanziaria urgente e chiarire che questi principi fondamentali non sono aperti a negoziati o al gioco”, sostiene Eve Geddie, direttrice della sede europea di Amnesty International.

Gaia Cautela

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