Da Messina a Greenwich: la parabola letteraria di Bartolo Cattafi

Una delle pagine migliori riservate a figure poco raccontate e adornate da orpelli di inchiostro della storia della letteratura italiana del’900 reca il nome di Bartolo Cattafi; personalità, all’interno di questa, tra le più inquiete e singolari. Estraneo alle scuole e alle etichette dei critici, il suo lascito poetico ha coinciso con una ricca avventura umana costellata da viaggi negli anni della giovinezza e della maturità, in primo luogo all’interno del mediterraneo, senza mai sfuggire al richiamo dello Stretto, nonostante le esigenze di trovare un posto nel mondo lo portarono per un certo periodo di tempo, dopo una laurea in Giurisprudenza conseguita all’UniMe, a trasferirsi a Milano, arrivando a stringere contatti importanti coi letterati Giovanni Raboni e Vittorio Sereni, continuando a scrivere versi “in preda a non so quale ebbrezza, stordito da sensazioni troppo acute, troppo dolci”. In un bel volumetto che è stato pubblicato da pochi anni, curato da Nino Sottile Zumbo – Le isole lontane – si è tenuto conto di questo suo vagabondare come di un serbatoio capace di nutrire fascinazioni dalle quali Cattafi ha tratto memorie organizzate e trasferite sul verso e nei dettagliati reportage, alcuni tuttora inediti.

In una nota autobiografica, del resto, aveva scritto di sé: “Nato il 6 luglio 1922 a Barcellona Pozzo di Gotto (Me) (…). Si reca all’estero ogni volta che può e come può (…). Tra i paesi visitati predilige Irlanda, Inghilterra e Scozia”. Gli anni ’50 e ’60 furono quindi per Cattafi un girovagare dettato da un vero e proprio bisogno, come è stato detto, “biologico”, di far coincidere l’attività poetica con l’esistenza in movimento. La poesia per Cattafi nasce, con parole sue, “sotto il segno dell’imprevisto” ed è di conseguenza “avventura, scoperta” per tentare di approdare a “una decifrazione del mondo”. Questo amore per il viaggio è rivolto più che agli ambienti come entità materiali al modo di percepirli e rappresentarli. Una delle isole lontane di Bartolo Cattafi è proprio l’Inghilterra esaltata nelle prose dai titoli Sbarcare a Londra e Ordinata campagna inglese contenute nell’ultima sezione del volumetto. Per lo scrittore Londra rappresenta un punto cardine non solo geografico, poiché: “Si parte sempre da Greenwich/dallo zero segnato in ogni carta e in questo/ grigio sereno colore d’Inghilterra” (poesia omonima contenuta nella raccolta Partenza da Greenwich, 1955).

Poeta prolifico, pubblicò, fino alla sua morte (avvenuta precocemente nel 1979), un notevolissimo numero di raccolte. Prima tappa cruciale è il volume L’Osso, l’anima (1964), al quale è seguito un lungo periodo di silenzio, non privo tuttavia di una brillante vena creativa espressa nelle opere grafiche e in alcuni oli e acquarelli. Il ritorno alla poesia avvenne con L’aria secca del fuoco (1972): la prima sezione dal nome “lo stretto” comprende sedici poesie dedicate a Messina e al suo mare. Una di queste, Cancro, parla del tram a vapore che collegava la linea Barcellona Pozzo di Gotto – Messina, leggibile sulla targa posta oggi dalla Pro Loco, nella città di nascita del poeta, dove un tempo c’era la stazione e adesso si trova la villa comunale. Tutta la produzione di Cattafi abbraccia sovente colori e immagini che fanno capo a Messina, anche quando il suo autore non amò mai rimanere avvinghiato a un solo paese. A questo proposito occorre citare alcuni versi della poesia intitolata Da donna Giovanna, storica trattoria della città dello Stretto, frequentata anche da Salvatore Quasimodo (“una granita di caffè con panna” diceva “è un endecasillabo perfetto”) che recita: “Qui da Donna Giovanna trattoria/ mangio all’ombra d’eucalipti e di palme assenti/ macerie di terremoti e fumanti sciagure/ fatti d’arme commerci alghe e malcerte/ creature d’abisso marino.”

Tirreno e Jonio

 “Si cambiano sovente i connotati

diventano violenti

schiumano sul luogo dello scontro 

e le seppie schizzano inchiostro

le triglie s’aggirano torve come squali

i passeggeri si tengono alle maniglie

se l’acciuga avanza come un mostro”

 

La stessa scrittura in prosa (spesso con accenti lirici) degli articoli apparsi su varie riviste manifesta questo legame verso quei luoghi dell’infanzia. In un volume fotografico dell’Automobile Club d’Italia,Lo stretto di Messina e Eolie” (1961), l’autore nell’introduzione delinea i tratti geografici e storici della città. Ma Cattafi è uno scrittore che sorpassa la dimensione locale, e se la sua Barcellona gli ha intitolato il Palacultura e lo ricorda (sempre mai abbastanza!) con periodici reading di poesie, aumentano al contempo le traduzioni in lingua straniera. E’ Carlo Bo a usare questi termini: “Quando si tireranno le somme del libro della poesia del Novecento, a Cattafi spetterà un posto privilegiato”. E a noi non rimane che adoperarci per riscoprire un autore a lungo dimenticato nell’attesa di una nuova edizione che consegni la ristampa dell’intera opera.

 

 

Eulalia Cambria

di Redazione UniVersoMe

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