Messina e le Eolie catturate nei diari dei viaggiatori del Grand Tour

Gaspare Vanvitelli,  Veduta di Messina

C’è stato un tempo in cui quella macro realtà politica unitaria che porta il nome d’Europa non era disegnata in nessuna delle carte geografiche del vecchio continente. Quando non circolavano nemmeno i treni a vapore e il turismo in senso moderno era destinato a una èlite ristrettissima, l’educazione di un giovane rampollo dell’aristocrazia intellettuale passava per un grande viaggio di formazione e di scoperta delle radici classiche. Potremmo definire questa esperienza un’antenata lontana dell’Erasmus: al termine degli studi le conoscenze umanistiche, artistiche e letterarie, venivano rafforzate da un itinerario che ripercorreva le tracce storiche della cultura occidentale. In realtà il tour, in auge non soltanto nell’700, ma almeno un secolo prima e più tardi, poteva durare da pochi mesi fino ad alcuni anni e raggiungeva il fulcro, la meta ideale e obbligatoria, nelle destinazioni in Italia. Il mediterraneo, naturalmente, era una tappa prediletta; da Pompei a Napoli fino alle falde Etna e a Palermo. Tanti entusiasti viaggiatori non potevano però tralasciare Taormina e l’approdo incantato alle Eolie e sullo Stretto.

Tra le personalità illustri che dimorarono in Sicilia all’epoca del Grand Tour, J. W. Goethe ha lasciato una delle testimonianze più consistenti. “Il più grande capolavoro dell’arte e della natura”: così lo scrittore tedesco definiva Taormina, dove trascorse alcune settimane tra l’aprile e il maggio del 1787. L’ultima tappa del suo viaggio, prima di lasciare l’amata Sicilia, nella quale dovette affrontare le difficoltà degli spostamenti dovute alla scarsa manutenzione stradale, e imbarcarsi per Napoli, fu Messina. Qui tuttavia non era rimasto molto: il terremoto del 1783 aveva esercitato la sua forza devastatrice lasciando “l’orripilante visione di una città distrutta”.

Ci toccò camminare per un buon quarto d’ora fra le rovine e le macerie, prima di arrivare alla locanda, unico edificio di questo quartiere rimasto in piedi; e difatti, dalle finestre del piano superiore, non si scorgeva altro che un campo cosparso di rovine. Fuori di questa casa non c’era traccia nè indizio di uomini, di animali; era notte fitta, e regnava un silenzio spaventevole. (Viaggio in Italia, J.W. Goethe)

Altro viandante, Alexandre Dumas, circa mezzo secolo dopo, affrontò le intemperie e le meraviglie di un viaggio in Sicilia. L’autore de I tre Moschettieri e del Conte di Montecristo scrisse delle memorie edite nel 2013 dalla casa editrice Pungitopo col titolo Messina la nobile e Taormina. Il racconto di Dumas raccoglie le impressioni suscitate dallo Stretto e dalle sue genti; i comportamenti dei messinesi, le bellezze femminili, i festeggiamenti per le ricorrenze religiose, l’oppressione dello scirocco e il rito della pesca del pesce spada a cui lui stesso prese parte.

Jean Pierre Houel, La pesca del tonno

Nello stretto di Messina, tra un vociare tutto latino, risuona la melodia di una ballata romantica. Proviene da una barca, dove una donna velata intona il disperato lamento amoroso della Margerita di Faust. (Dall’introduzione di Messina la nobile e Taormina, Alexandre Dumas)

Jean Pierre Houel, Lipari

L’elenco dei viaggiatori che scelsero la Sicilia e Messina come meta per il Grand Tour è lunghissimo e non sono mancate pubblicazioni recenti che fanno riaffiorare il racconto, visivo e per parole, delle suggestioni che l’isola presentava ai loro occhi. Immagini luminose e nitide che sono tanto più preziose se messe a confronto con le rovine che la furia della natura ha lasciato dietro di sé quel 28 dicembre 1908. Guy de Maupassant, romanziere francese di fine ‘800, uno tra i fondatori del racconto moderno, alla Sicilia ha dedicato un diario di viaggio ne La vie errante. E qui da un battello descrive l’attraversamento compiuto partendo da Messina alla volta delle Isole Eolie: “Si parte da Messina, a mezzanotte. Nessun alito di brezza; soltanto l’avanzare della nave turba l’aria calma addormentata sulle acque. Le rive della Sicilia e le coste della Calabria esalano un odore così intenso di aranci in fiore, che l’intero stretto ne è profumato”. Proprio le Eolie hanno esercitato un fascino senza eguali per moltissimi artisti che hanno catturato nei taccuini da viaggio e nelle tele usi e abitudini oggi in buona misura scomparse. Jean Pierre Houel nella seconda metà del ‘700 nel suo Voyage pittoresque des iles de Sicilie, de Lipari e de Malte consegna una ampia serie di illustrazioni che testimoniano l’ambiente e le attività umane della Sicilia e delle isole minori del messinese, interessandosi anche al fenomeno della Fata Morgana del quale propose una spiegazione di natura ottica. Persino la vita dell’Arciduca Luigi Salvatore d’Austria è stata molto legata alle Eolie: appassionato di scienze e del mediterraneo, ha riportato, al tempo del Grand Tour, studi e curiosità sulle isole dell’arcipelago di Lipari in ben otto volumi. Pasaggi di Messina ci ha lasciato Gaspare Vanvitelli (Gaspar Van Wittel), celebre vedutista olandese, padre di Luigi, architetto della Reggia di Caserta, operante nella prima metà del ‘700.

Il Grand Tour, una delle esperienze umane più intense della cultura moderna europea, è un viaggio che forse ancora oggi non smette di regalare emozioni con angolazioni e punti di vista sempre nuovi.

Eulalia Cambria

di Eulalia Cambria

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