Fonte: Blog Sicilian Secrets

La lingua messinese, dialetti e curiosità del territorio

Fonte: wikipedia.org

Il Gallo Italico, l’arabo, il greco, il latino, il francese, lo spagnolo e il portoghese. Eccoli gli idiomi e le lingue che da sempre hanno influenzato il nostro modus operandi di lingua siciliana.

Messina, crocevia di tante culture, di tante fasi storiche, non fu da meno nell’evoluzione della lingua locale, ancor prima di Palermo e di Catania se consideriamo che in diversi periodi storici la stessa nostra amata città capoluogo di regione per l’intera Sicilia.

Ebbene, voi, egregi lettrici e lettori farete caso a come nella stessa Messina, in base alle diverse zone e luoghi di vita, la lingua locale, spesso possa variare ed esser diversa nelle sue molteplici sfaccettature. Non solo in città ancor più con i suoi centri provinciali oggi, per intenderci, metropolitani.

La lingua è quel qualcosa che ha sempre caratterizzato l’uomo, gli scambi commerciali, istituzionali di rappresentanza e di relazioni più in generale ma nello stesso tempo è stata la disciplina fondante della connessione del popolo messinese, delle sue interazioni e della sua fondatezza intrinseca della messinesità che oggi caratterizza noi tutti, studenti, docenti, operatoti pubblici privati cittadini e comporti di ogni settore, questi inglobati nel tessuto urbano di Zancle e della sua terra più limitrofa.

Il “Bellu” che si pronuncia a Messina, nella sua provincia diventa “Beddu” con la doppia D invece che della doppia L, l’origano che in alcune parti della zona nord si dice “Riinu” in altre del centro e della zona Sud si pronuncia con la definizione “Rienu” ovvero la seconda i viene sostituita dalla e, addirittura in zone distanti dal centro spesso anche “Rianellu” o per gli acquisiti messinesi provenienti dalla provincia ormai per motivi di studio o lavoro naturalizzati “zanclesi” si aggiunge la doppia D e “u rianellu” diventa quasi naturalmente “u Rianeddu” utilizzando la doppia D.

Insomma, per non dilungarmi e rimanere sul filo del discorso, dobbiamo dire in primis che il messinese è dialetto complesso quanto articolato e che, ad onor del vero, non basterebbe una enciclopedia per spiegarne le sfaccettature.

Diciamo subito che la parte della Sicilia nord orientale insieme a quella parte della Calabria sud meridionale è di fatto, ormai saputo e risaputo più volte confermato da esperti di settore, la zona più grecanica al di fuori della Grecia.

Possiamo tranquillamente affermare che da Catanzaro alla parte nebroidea della nostra provincia, l’influenza grecanica portò certamente una evoluzione lessicale non di poco conto. Come così fu per il periodo di dominazione spagnola soprattutto e araba ancor prima.

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“Nta dda Manera”, ad esempio, deriva dallo spagnolo “Manera” appunto maniera, in quella maniera successivamente trasformato in italiano lingua questa che risaputo anche qui nasce originariamente dalla lingua siciliana come lo stesso reggino e parti della provincia di Salerno ancora oggi sentono l’influenza del loro idioma d’origine; ovvero la nostra lingua siciliana classificata oggi come meridionale estremo.

Ma torniamo alla differenza di alcune parole o modi di dire messinesi.

Per affermare che una persona “veniva” o “andava” in un luogo specifico, nella parte centrale cittadina, come in buona parte della tirrenica e ionica, il termine dialettale è “vinìa” o “n’dava” mentre nella parte nebroidea (Patti, Capo D’Orlando, Sant’Agata di Militello (Tipico d’origine di Militello Rosmarino) il termine diventa “vineva” o “eva”. Ancora nello specifico in alcune zone dell’area Barcellonese si hanno le varianti tra “manciari” con la C tipico barcellonese e “mangiari” con la G tipico d’origine Castrense (Castroreale, Terme Vigliatore, Rodi Milici e Furnari ).

E’ Chiaro che, come Messina, anche Barcellona, essendo ormai una cittadina nonché la seconda più popolosa subito dopo la stessa Messina, subisce un’influenza globale di molteplici comuni e borghi ad essa limitrofi, un po’ come Messina con i suoi villaggi e comuni adiacenti.

Motivo per cui andare a ritroso sulla storicità dei dialetti per le città medio grandi, capirete bene, che è compito assai arduo ma grazie alle origini di questi idiomi si può sostanzialmente risalire alle zone di appartenenza e quindi di nascita della lingua locale di ognuno di noi.

Un altra chicca di differenza sono la “caponatina” per i messinesi lo skibeci (equivalente della caponatina ) per l’area tirrenica d’origine Castrense oggi comunemente usata su tutta la fascia tirrenica tra Giammoro di Pace del Mela e Oliveri e zone limitrofe Pattesi e ancora il pescivendolo comunemente chiamato “u pisciaru” in buona parte della fascia tirrenica diventa “u pisci neri”.

Immagino i sorrisi dei lettori e la sorpresa nel leggere queste “assurdità” dirà qualcuno e comprendo non sia facile credere che esistono ad oggi differenze così marcate e nette anche a distanza di 10 km se non di meno tra un luogo ed un altro tra la caponatina e u skibeci ma che ci crediate o meno è proprio così. Questa è la bellezza di Messina, della sua gente, del calore lessicale che il popolo messinese tutto, come già di suo nei modi e nei tratti, emana ed esporta in ogni dove questo si trovi in sicilia, in italia e nel mondo fin dai tempi antichi.

Una tipica e palese differenza tra le zone di Messina e la sua provincia è la trasformazione della frase : Il Professore se n’è andato.

Diventa a Messina città: U prufissuri sinnannau o si nni iu.

Diventa nel dialetto tirrenico da Messina a Milazzo: U prufissuri sinnannoi o sindandoi

Diventa nel dialetto tirrenico da Barcellona con sua buona parte e con l’area di Castroreale: U Prufissuri sindandò

e ancora “Per alzarsi” Messina città: suggiti, sua provincia iazziti.

(notare anche qui similitudini con il susiti catanese e iasiti reggino ).

ccani, ddani, cchiuni per dire ccà,ddà e cchiù.

Conoscere un’altra lingua significa avere una seconda anima, così la storia volle attribuire all’imperatore Carlo Magno e cosi noi oggi nella stessa misura possiamo asserire che la nostra è impregnata di tutte le sfumature che di noi, popolo messinese ne fa uno dei più colti e ricchi della più bella Isola del Mediterraneo: la cara e luminosa Sicilia.

Filippo Celi

di Redazione UniVersoMe

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