Hai 24 anni

Mi rendo conto del tempo che scorre sempre nello stesso periodo dell’anno, in questo periodo dell’anno, quando, con le mie tre amiche, a distanza di pochi giorni, mesi, compiamo gli anni. Per pochi mesi, abbiamo tutte e quattro la stessa età.

I compleanni, crescendo, non hanno più lo stesso sapore. Per me acquisiscono, pian piano, una sorta di malinconia. Eppure, ancora, siamo così giovani.

Abbiamo 24 anni. Siamo giovani. Siamo forti, caparbi, siamo dei sognatori. Lo leggo nella faccia dei ragazzi e delle ragazze che mi circondano, negli occhi dei colleghi, delle persone che incrocio per caso il sabato sera o il lunedì mattina.

Siamo in quella fascia di età che va dai 20 ai 30 anni, in cui ancora, chissà per quanto tempo, possiamo permetterci di sognare, di fare errori, di ripararli. In quella fascia d’età in cui ancora possiamo rischiare, metterci in gioco e, anche solo per un attimo, per un paio di ore, concederci il lusso di scordare.

Scordare gli impegni, le responsabilità, i doveri, le preoccupazioni.

In quella fascia d’età in cui, che tu sia ancora a casa o meno, la sera trovi mamma e papà, a casa o per telefono, pronti a salvarti il culo o a dirti, ancora, di nuovo: “andrà tutto bene”.

E quella frase ti può fare incazzare, oppure no, ma non devi dimenticartene il sapore. Perché, chissà, forse un giorno sarai tu a doverla dire. Anche se non ci credi, anche se non ne hai la forza.

Andrà tutto bene.

Abbiamo 24 anni e capita di bloccarsi, anche solo per un secondo, e chiedersi:” ma io, chi sono?”. E quando arriva questa domanda, improvvisa, come una doccia fredda, si sta là, in mezzo al traffico, alla folla, davanti allo specchio del bagno. Tutto passa veloce mentre tu sei immobile nel tempo. Sai rispondere alla domanda?

È la paura, che blocca. Quella domanda fa paura. Chi sono io?

Come potrebbe non fare paura. Tutto intorno a noi si muove. Mentre noi, a volte, siamo fermi. Non ci accorgiamo che, quando ci muoviamo noi, è il resto che si ferma. E questo fa paura. Ma quando tu ti muovi, non puoi accorgerti se il resto è fermo: semplicemente perché ti stai muovendo.

Ma quando sei fermo, è in quel momento che non devi avere paura. Rilassarti, con la consapevolezza che ti muoverai di nuovo.

A 24 anni, alcuni sono già laureati, altri no. Alcuni lavorano, altri no. Ma tutti ci chiediamo perché noi non riusciamo come gli altri. Dopotutto, la vita degli altri sembra sempre più facile.

E ci sentiamo in colpa: potremmo fare meglio, forse, ma il meglio non sembra mai abbastanza.

E si ricomincia. Io, chi sono? Io, dove sto andando?

Non stiamo certo tutto il tempo a chiederci chi siamo e dove stiamo andando. Ma di sicuro, di tanto in tanto, queste domande arrivano prepotenti, pesanti, insormontabili. Le anestetizziamo con la vodka e i buoni propositi per il giorno dopo. Ci fanno stare più tranquilli, ma poi, non servono a niente.

Abbiamo 24 anni, e forse siamo troppo grandi per ballare in preda all’alcol e all’euforia. Che i nostri genitori avevano già noi, mentre noi abbiamo soldi da spendere in ricordi che, beh… Non sempre ricorderemo.

Quella vodka che, diciamolo tra noi, comincia a diventare una scimmia sulle spalle un po’ pesante.

Abbiamo 24 anni, e ci guardiamo intorno aspettando. Un messaggio, uno sguardo, un invito. Magari aspettando solo l’ora di tornare a casa, o il panino delle 4 a.m. (chissà come, ha sempre un sapore meraviglioso).

E ti chiedi come siamo finiti così, con un piccolo amore nel cuore e noi piccoli senza nessuno accanto. Perché il bello dei 24 anni è anche questo: condividere. Con gli amici, , siamo la generazione che può dire a gran voce “grazie a Dio ci sono i miei amici”; ma servirebbe, a volte, pure qualcun altro con cui condividere la vita. I momenti, le notti.

Che poi, dicono, basta l’esperienza d’amare per renderci pieni, migliori. Sarà.

Sarà che, a 24 anni, vedi gli obiettivi fermi davanti a te e corri loro incontro per prenderli, e più corri, più ti sembrano lontani.

Eppure te li immagini, te li sai immaginati così tante volte, nella tua testa, che quasi provi a non immaginarteli più per paura di farli sbiadire. Il giorno dell’esame, il professore che verbalizza, finalmente, il voto per cui stai sudando 100 camice. Il giorno della laurea, la corona di alloro sul tuo capo. Il primo giorno di lavoro.

Sarà che, ai 24 anni, ci arriviamo e non sappiamo nemmeno noi come siano diventati 24. E pensi a quando ne avevi 18, di anni, a come ti immaginavi, a come sei, o a come non sei. Ricordo che quando, a 18 anni, il mio amore dell’epoca mi lasciò ed io mi ritrovai sola, mi consolai più di una volta pensando:” dai, quando avrò 24 anni e sarò quasi laureata, sarà tutto diverso. Chissà chi sarò, come sarò, chi avrò accanto, come sarà la mia vita”. È strano. A volte cambia tutto, a volte non cambia niente. Forse, sta tutto nel fatto che, nel nostro cuore, abbiamo ancora 18 anni, siamo ancora quei ragazzini con i vestiti da grandi.

Eppure, quei 24 anni, sembravano realmente così lontani.

Sarà che, a 24 anni, basterebbe qualcuno che ti concedesse un momento per sorridere. Con la tuta, immersi in una nuvoletta di fumo e sogni. Perché dai, non prendiamoci in giro, è questo che vorremmo tutti. Anche i più strafottenti di noi, lo sono solo fino a quel momento lì.

Sarà che ormai, forse, ci viene da dire “è troppo tardi”; però, forse, ancora è troppo presto.

Perché, a 24 anni, condividiamo tutti le stesse preoccupazioni: laurea, lavoro, futuro. Condividiamo quelle domande, chi sono io dove sto andando; ma condividiamo anche il cuore spezzato, il cuore in attesa, il cuore illuso, chiuso o aperto, traboccante, sfiorito o fiorito, arido, pulsante o fermo.

Sarà che, a 24 anni, ci fermiamo tutti, sotto casa, nella nostra macchina, con la musica che scorre e aspettiamo. Cosa? Non lo sappiamo. Però quei 10 minuti in macchina, da soli, di notte, servono a fermare il tempo, le preoccupazioni. Entriamo in stand-by dai nostri pensieri, alziamo il volume, aspettiamo che finisce la canzone e saliamo a casa. Quei 10 minuti fanno bene, all’anima.

Che poi, forse, a 24 anni, conviene solo continuare a camminare, che se aspetti non arriva niente. E senza preoccuparsi troppo: perché chiunque tu sia, a 24 anni, sei una bella persona. Sei quella persona che ride, scherza, va a ballare e aiuta l’amico sbronzo (o è l’amico sbronzo). Sei quella persona che ancora crede, sogna, studia. Quella persona che supera le sconfitte a testa alta e festeggia le vittorie a testa bassa, con umiltà.

 Chiunque tu sia, hai 24 anni, e c’è ancora un sacco di tempo per amare, per festeggiare e, soprattutto, per correre. E, di tanto in tanto, per fermarsi.

Che tanto, andrà tutto bene. Ora è così, ma a 31 anni, chissà dove sarò, chi sarò, come sarò diventata, chi avrò accanto, cosa starò facendo.

Elena Anna Andronico

di Elena Anna Andronico

Elena Anna Andronico, Membro del Consiglio fondatore di UniVersoMe e co-responsabile di Radio UniVersoMe. Classe 1993, studio Medicina e Chirurgia e mi occupo della rubrica ''Scienza e Ricerca'' insieme al collega Gugliotta. Ho diverse passioni, dalla fotografia al pianoforte, dal nuoto alla scrittura. Quest'ultima, seppur è stata sempre un gioco, mi ha permesso di farmi conoscere attraverso la pubblicazione di un romanzo nel 2013. Ad oggi ho lavorato per RadioStreet, scritto per vari blog e testate giornalistiche no- profit. Il mio grande sogno è la chirurgia.

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